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Il legislatore ha previsto il “Credito d’imposta ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e ideazione estetica” al fine di sostenere la competitività delle imprese, stimolando gli investimenti in tali campi.

L’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza stanno eseguendo numerosi controlli in merito alla fruizione del credito ricerca e sviluppo disciplinato dal D.L. 145/2013.

Un tema controverso è se l’Agenzia, non avendo le competenze tecnico scientifiche per valutare se l’attività di ricerca svolta rientri tra quelle agevolabili, deve richiedere, prima di emettere l’atto, il parere preventivo del MISE. L’Agenzia ritiene che non debba farlo.

In senso contrario si osserva quanto segue. L’Agenzia delle Entrate non può rivendicare dirette conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da consentire una congrua valutazionecirca la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d’imposta.

La giurisprudenza di merito ritiene che l’Agenzia, prima di emettere l’atto di recupero, ove intenda disconoscere il carattere “innovativo” di una determinata attività di ricerca, debba attenersi a specifiche e preliminari indicazioni del MISE, esorbitando tali valutazioni dalle proprie competenze funzionali. Dello stesso avviso è la dottrina. D’altronde, è la stessa Agenzia, con la Circolare n. 31/E del 23.12.2020, emessa in relazione alla gestione degli interpelli che involgono questioni tecniche di competenza di altre Amministrazioni, a riconoscere che non potrà evadere le istanze di interpello.

L’Agenzia non può svolgere, in autonomia, valutazioni “tecniche” estranee al proprio normale ambito funzionale, per poi fondare su esse atti autoritativi volti al disconoscimento del credito d’imposta per ricerca e sviluppo.