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Con numerose pronunce la Corte di Cassazione si è espressa in tema di motivazione dell’avviso di accertamento catastale emesso a seguito della c.d. procedura Docfa.

La Corte ha chiarito che l’accertamento catastale è sufficientemente motivato con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita quando la discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati.

Al contrario, quando l’Ufficio compie una divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione dell’accertamento deve essere più approfondita perché l’Ufficio deve indicare le differenze tra quanto dichiarato nel c.d. Docfa e quanto accertato (vds., tra le tante, Cass. 8344/2015).

Ma cosa intende la giurisprudenza di legittimità quando parla di divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente?

In via preliminare si rileva che la rendita catastale di un fabbricato è determinata, oltre che dalla zona censuaria, dai seguenti elementi: consistenza, classe e categoria catastale, che appresso vengono esaminati.

1^ ipotesi: l’Ufficio accerta una diversa consistenza catastale.

In questo caso, il rifiuto da parte dell’amministrazione finanziaria della proposta Docfa non avviene all’esito di una diversa valutazione tecnico/economica dei medesimi elementi di fatto caratterizzanti l’immobile così come descritti dal contribuente. Piuttosto, la rettifica consegue all’esito del mutamento – cioè della diversa considerazione – di quel tipico elemento di fatto costituito dalla consistenza, ossia dal numero di vani dell’immobile accertato. Di conseguenza l’Agenzia ha l’obbligo di motivare compiutamente l’accertamento e specificare quali differenze ha riscontrato con quanto dichiarato nel Docfa. Ciò, sia al fine di consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente che per delimitare l’oggetto del giudizio (vds. Ord. Cass.  n. 12278/2021).

2^ ipotesi: l’Ufficio accerta una diversa classe catastale.

La classe catastale esprime il grado di redditività di un immobile. Essa è definita in base ad indici fattuali quali il livello delle finiture, i servizi in dotazione, la dimensione e la posizione dei vani.

Atteso che la classe catastale è determinata sulla base di elementi fattuali, anche la sua variazione da parte dell’Ufficio implica una diversa valutazione degli elementi di fatto dichiarati dal contribuente. Di conseguenza, anche in questo caso, l’Agenzia ha l’obbligo di motivare l’accertamento indicando quali differenze ha riscontrato con quanto dichiarato nel Docfa.

3^ ipotesi: l’Ufficio accerta una differente categoria catastale.

La categoria catastale è un codice identificativo che rappresenta la tipologia e la destinazione d’uso dell’unità immobiliare. L’Ufficio accerta una differente categoria catastale sulla base di una diversa valutazione giuridico/economica dei medesimi  elementi di fatto dichiarati dal contribuente con il Docfa. Si pensi al caso in cui l’Agenzia non contesta gli elementi dichiarati nella procedura Docfa ma, sulla base di quegli stessi elementi, accerta che l’unità immobiliare vada inserita in una diversa categoria (es: categoria A/8 villa e A/7 villino). In questo caso non c’è l’esigenza di una motivazione approfondita perchè gli elementi di fatto dichiarati dal contribuente con procedura Docfa sono stati confermati dall’Ufficio:  su di essi le parti concordano. Pertanto, l’obbligo di motivazione è attenuato e soddisfatto con la semplice indicazione della nuova categoria attribuita, in quanto sugli elementi di fatto oggetto della denuncia di variazione non c’è contestazione.