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Con la risposta ad un interpello – la n. 455/2023 dell’ 8 novembre 2023 – l’Agenzia delle Entrate chiarisce che la nozione di azienda ai fini fiscali coincide con la disciplina civilistica. Si ha cessione di azienda quando vi è una “universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l’esercizio dell’attività d’impresa…”, mentre essa non ricorre quando vi è la cessione dei “…singoli beni che compongono l’azienda stessa”. Individuare correttamente se la cessione di un “insieme” di beni da parte di un’impresa dia o meno luogo alla cessione di azienda o di un suo ramo è rilevante ai fini della tassazione indiretta. Infatti, con la risposta in commento, l’Agenzia riferisce che il trasferimento d’azienda – inteso come complesso di beni suscettibili di consentire la gestione dell’attività di impresa – non è rilevante ai fini IVA (ex art.2, co.2, lett.b) Dpr 633/72), ma è soggetto all’imposta di registro.

Alla stessa conclusione giunge la giurisprudenza di legittimità. Questa osserva che, non è necessaria la cessione di tutti gli elementi che normalmente costituiscono l’azienda, ma il coacervo dei beni ceduti deve possedere un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine all’esercizio dell’impresa, sia pure con l’integrazione successiva del cessionario (cassaz. n. 897/2002, n. 23857/2007, n. 1405/2013 e n. 10740/2013).

L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate è conforme a quella della Corte di Giustizia dell’UE. Secondo i giudici europei, per determinare la rilevanza o meno ai fini dell’applicazione dell’IVA, ciò che contraddistingue un trasferimento d’azienda, è la possibile prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del cessionario. Occorre la presenza di un complesso di beni materiali e immateriali che permetta di svolgere un’attività economica autonoma e attuale e che il complesso di beni mantenga la sua identità funzionale anche successivamente al suo trasferimento.